In tutte le organizzazioni la co-progettazione partecipata non si improvvisa ma richiede metodo e capacità di coordinamento. Coinvolgere in un progetto di lavoro colleghi, fornitori, clienti ed esperti esterni all’organizzazione non è cosa da poco.
Perché è importante mettere al centro la persona?
L’interazione e la collaborazione tra differenti capacità, competenze ed esperienze accelera il processo innovativo e genera i migliori piani, progetti e strategie. La collaborazione è gioco di squadra per raggiungere risultati formidabili e supporto per superare le difficoltà. Grazie alla co-progettazione partecipata è possibile unire con efficacia i punti di vista del gruppo di lavoro.
Lavorare in team non è così facile, ma solo da un punto di vista condiviso è possibile costruire un futuro davvero realizzabile.
Un esempio di co-progettazione partecipata è stato quello del workshop Come far vivere l’esperienza al museo oltre i contenuti? di Creography che si è tenuto il 13 aprile 2018 al Museum Digital Transformation di Firenze, a seguito di una giornata di conferenze sul tema del “museo digitale”.
Abbiamo lavorato con i partecipanti per individuare le linee strategiche per facilitare l’accesso ai musei non solo per i contenuti culturali e didattici ma anche per il contesto e l’esperienza da vivere.
Si sono presentate le premesse “classiche” per un lavoro di co-progettazione: un gruppo eterogeneo costituito da persone di età, provenienza geografica e occupazione professionale differenti, chiamati a collaborare insieme per la prima volta per definire un obiettivo comune.
Il primo passo è stato quello di suddividere i 20 partecipanti in tre gruppi di lavoro e di avviare il confronto con la guida del metodo Creography. Nella prima fase i gruppi hanno individuato l’orientamento da attribuire al museo per aumentare il valore aggiunto al cliente finale attraverso la definizione di caratteristiche immateriali e materiali del servizio interessato. Le risposte, in questa occasione, sono risultate simili.
Dopo il completamento di tutte la fasi del canvas, a seguito di un confronto di due ore e mezzo tra i gruppi, si è finalmente potuto rispondere alla domanda posta all’inizio dell’incontro: come far vivere l’esperienza al museo oltre i contenuti?
I partecipanti hanno ritenuto fosse importante coinvolgere il visitatore e far vivere un’esperienza museale unica, emozionale, sensoriale e multimediale attraverso una comunicazione coordinata e coerente con la missione e la visione del progetto, un uso combinato di analogico e digitale, delle azioni di marketing mirate e un merchandising personalizzato. Durante i momenti di confronto ci sono stati molti scambi che hanno portato ad avere insight che hanno condotto a soluzioni concrete e di valore.
Senza la guida di un metodo consolidato difficilmente si sarebbero potuto ottenere questi risultati in così breve tempo: 20 persone sono arrivate a ideare e progettare un sistema di soluzioni e il relativo piano di azione per concretizzare fin da subito le idee.
Non dimentichiamo inoltre che l’innovazione è sempre relativa: le conclusioni a cui i tre gruppi sono giunti potranno risultare scontate per i grandi poli museali ma si sono trasformate invece in preziosa consapevolezza per le realtà più piccole.
E allora perché non provi anche tu a guidare in modo coinvolgente gruppi di lavoro nella definizione di problematiche e nell’identificazione di soluzioni con il metodo Creography?
Durante la co-progettazione è fondamentale far conciliare e armonizzare le diverse percezioni dei singoli collaboratori relative alla via da percorrere e allo scopo finale del progetto.
Anna Maria Testa nel suo articolo Percezioni diverse: gli universi paralleli che costruiamo dentro di noi afferma che la percezione è soggettiva e mutevole e che dovremmo ricordarcene ogni volta che “confrontiamo la nostra percezione con quella di qualcun altro e ci arrabbiamo perché, non vedendo le cose come noi, l’altro le giudica in modo diverso dal nostro”.
L’autrice fa l’esempio del piatto di spaghetti: anche se noi siamo convinti che un piatto di spaghetti sia un piatto di spaghetti ci stiamo ingannando da soli. In realtà la pietanza sarà invitante nel momento in cui avremo fame mentre risulterà sgradevole ai nostri occhi durante un periodo di dieta. In sintesi, se riusciamo a capirci, non solo sul piatto di spaghetti, e lavorare insieme e se “non ci ritroviamo a vivere in universi paralleli del tutto separati, è perché condividiamo alcuni strumenti per gestire e allineare le nostre percezioni.”.