Siamo arrivati alla decima uscita di “Segreti d’Ufficio”, la rubrica che scardina la scatola nera delle dinamiche d’ufficio!
In questa edizione speciale, proviamo a indagare sui motivi che bloccano lo sviluppo dei nuovi progetti in azienda.
Lo facciamo con una formula nuova: un botta e risposta più serrato, per presentare 10 casi chiave e le potenziali soluzioni.
Si tratta di situazioni che noi di Creography abbiamo “toccato con mano” nelle aziende con cui abbiamo collaborato, ma che sono comuni in molte realtà.
Siamo sicuri che almeno una volta nella tua esperienza lavorativa hai sentito dire o hai detto…
e ricordati di scaricare la Checklist per lavorare anche sui punti deboli della tua organizzazione.
oooooo
1.
“Buona idea ma cinque anni fa non siamo riusciti a realizzarla”
Il destino dei nuovi progetti è beffardo.
Spesso un’ottima idea dopo i primi passi finisce nel cassetto – e ci rimane – solo perché arriva nel momento sbagliato o perché non c’erano le condizioni giuste per il suo sviluppo.
Non è però detto che un progetto che non ha funzionato in passato non possa “ingranare” nel presente, con nuove risorse e un diverso contesto.
Per questo è bene tenere traccia del perché si decide di scartare eventuali nuove idee: ci aiuterà a poter valutare se ci sono le condizioni per far riemergere un progetto dal cassetto o eliminarlo perché incompatibile col futuro.
2.
“Tutto bellissimo, ma non so quanto sia fattibile”
Se credi che un progetto sia realizzabile, devi dimostrare a chi non ci crede che è tecnicamente fattibile.
Per farlo, devi coinvolgere le persone giuste, per capacità decisionali e per competenze tecniche.
La loro visione aiuterà a capire se la strada è perseguibile e fornirà direzioni più concrete verso cui muoversi.
La vera sfida in questo caso è riuscire a coinvolgerle.
Spesso proprio per via dei loro ruoli, sono le più impegnate.
Una manovra “subdola ma efficace” potrebbe essere incontrarle casualmente alla macchinetta del caffè, offrirgliene uno, con una scusa accennare al progetto e… pianificare una riunione.
3.
“Di questo me ne occupo nei ritagli di tempo”
Ci sono tantissimi progetti “a costo zero e impatto mille” che per essere realizzati hanno solo bisogno di un po’ di spazio di qualità sul calendario.
Questo spazio si può trovare anche nelle agende più piene, basta volerlo!
L’importante è non relegarlo ai margini, cioè a fine giornata, tra un lavoro e l’altro o quando si è stanchi.
Per sbloccare e fare avanzare un progetto è necessario dedicargli del tempo operativo reale e la concentrazione che merita.
Scegli tu a seconda dei tuoi ritmi quando è il momento giusto.
L’importante è che nel palinsesto della tua giornata al progetto sia riservata una fascia oraria “di punta”, quando la tua produttività è al massimo.
4.
“Bisognerebbe parlare con X dell’ufficio XYZ, ma è insopportabile”
Per realizzare qualsiasi progetto, anche il più piccolo, servono le persone (giuste).
Anzi, la possibilità stessa per un’azienda di generare valore dipende dalla sua capacità di cooperare, dai vertici fino al singolo collaboratore.
Sembra una banalità, ma sono proprio i piccoli freni, le piccole incomprensioni, i qui pro quo comunicativi, a rallentare o bloccare – come sassolini in un ingranaggio – molti processi.
Migliorare la gestione del cosiddetto “fattore umano” è quindi la strategia più efficace, quanto sottovalutata, per incrementare la produttività.
La buona notizia è che si può imparare a comunicare meglio, a collaborare, persino a “gestire” e coinvolgere con successo quel collega che ci sta antipatico.
È una questione di metodo e applicazione.
L’obiettivo è creare spazi comuni, e felici, di collaborazione.
5.
“Il problema non è trovare le persone, è coinvolgerle”
Al netto di ogni altra motivazione, la ragione principale per cui alcuni colleghi o collaboratori non sembrano partecipare col nostro stesso entusiasmo a un progetto è perché… non hanno tempo.
Se le persone interessate hanno già carichi di lavoro pesanti, un nuovo progetto, per quanto interessante possa essere, è automaticamente percepito come un peso in più.
Se non c’è modo di alleggerire il carico di lavoro, la chiave è partire dai vantaggi della collaborazione per il team e per il singolo, facendo leva sulla valorizzazione delle competenze personali.
Per i cali di energia durante lo sviluppo del progetto, invece, la cura è l’empatia, l’unica forza al mondo capace di eliminare le barriere e a fare emergere le motivazioni più profonde.
Dopotutto, la qualità di un leader non si misura solo sulla sua capacità di trasmettere, ma anche e soprattutto nel suo “saper ricevere”.
6.
“Il problema non è coinvolgere le persone, è non perderle per strada”
Progetto stupendo. Persone giuste. Grande entusiasmo alla partenza.
Poi capita l’imprevisto, arriva un’altra priorità, una figura chiave si defila perché troppo impegnata, un’altra non convinta comincia a marciare contro impuntandosi sui difetti o sulla complessità delle azioni da portare avanti…
Conclusione: il progetto finisce per arenarsi, ritornando nel cassetto di chi ci aveva davvero creduto.
Perché questa situazione non (ri)capiti, la soluzione è semplice, ma bisogna creare le condizioni giuste.
Innanzitutto, serve un piano d’azione che tenga conto dei carichi di lavoro di chi è coinvolto. Va definito sulla base del famoso mantra “Chi fa cosa entro quando” e va rinnovato a OGNI riunione.
Perché il piano d’azione si compia e si sviluppi nel tempo, è fondamentale la presa in carico del progetto da parte di un referente (ogni progetto, anche il più piccolo ne deve avere uno).
Il suo “scopo minimo” è quello di monitorare l’andamento e di coordinare persone e azioni.
A un livello più alto, a fare la differenza è la sua capacità di stimolare, ascoltare, coinvolgere, dare ritmo, fondendo leadership e fattore umano.
7.
“Molla tutto. Adesso dobbiamo pensare alla fiera”
In alcune realtà, il lavoro quotidiano è una perenne urgenza, una condizione a cui ahimè ci si finisce presto per abituare.
La giustifichiamo dicendo a noi stesse/i che lavoriamo in un settore ipercompetitivo, che gestiamo progetti complessi e che, in fondo, dovrebbero darci una medaglia per quanto siamo capaci di tenere duro.
La verità, nuda e cruda, è che si tratta solo di una organizzazione del tempo non efficiente e non ragionata.
Manca cioè la capacità di gestire le priorità, per cui c’è sempre qualcosa su cui è fondamentale concentrarsi e tutte le altre si accumulano, si perdono, generano stress e colonne di mail da leggere.
Nelle aziende in cui la gestione del tempo fa parte della cultura aziendale, l’emergenza è sempre un’eccezione, mai la regola!
8.
“Sì ma quanti rischi ci fa correre questa idea?”
Sempre più manager e imprenditori di settori ad alta competitività e innovazione stanno realizzando che l’unico modo per innovare è osare, è spingersi oltre, senza avere troppa paura di fare un salto nell’ignoto.
Per fare vera innovazione servono idee dirompenti, serve il giusto contesto perché possano essere stimolate e generate, ma serve anche che quando l’idea arriva trovi terreno fertile e non muri prefabbricati.
Anche in questo caso è una questione di cultura aziendale.
Per quanto sia sacrosanto valutare la sostenibilità di un’idea (vd. punto 2), se si bloccano le nuove idee sul nascere, se non si ha il coraggio di prendersi ogni tanto dei rischi, si perdono competitività e capacità di innovazione. E questo è un rischio concreto.
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